La Transilvania è una delle regioni più ricche e affascinanti dell’intera Romania. Lo scrittore irlandese Bram Stoker la svelò al mondo grazie al celeberrimo personaggio del Conte Dracula. Il Castello di Bran ispirò il romanzo, diventando un monumento nazionale.
Per raggiungerlo da Bucarest ci sono diverse possibilità: visite organizzate over 60, pellegrinaggi in ginocchio, lancio in paracadute da elicottero, cose così… Per noi, nessuna di queste banalità. Dopo aver imparato tre parole esatte in rumeno, ci sentiamo pronti per vivere un’esperienza da veri cittadini del mondo: viaggeremo in treno.
Alla Stazione Nord di Bucarest acquistiamo i biglietti con un giorno di anticipo. Il distributore automatico ha una grafica che ricorda windows 95 e parla solo dialetto rumeno. Il Castello si trova nel villaggio di Bran, mentre la stazione più vicina è a Braşov, distante circa 30 km. Penseremo in un secondo momento a come percorrerli (don’t do this at home).
Il giorno dell’escursione la levataccia è obbligatoria, ci aspettano poco meno di 3 ore di treno prima di un salto nel buio. Fra racconta di paesaggi meravigliosi che scorrono dietro al finestrino. Gius dorme anche sui sassi e perde i sensi subito dopo aver trovato posto: una cosa che lui chiama “ottimizzare i tempi”.
A Braşov solo una cosa è certa, si gela. Fuori dalla stazione cerchiamo un modo per raggiungere Bran. Decine di pullman per ogni luogo, nessuno fa al caso nostro. Domandiamo informazioni ad uno sportello, ma il nostro ricco vocabolario rumeno questa volta non ci aiuterà, con l’inglese peggio che andar di notte. Lo sguardo di Gius inizia a denunciare un latente senso di smarrimento.
È il momento di prendere in mano la situazione. Ci rivolgiamo al lato oscuro dei trasporti: i tassisti. Qui il livello di inglese impenna radicalmente. Ce ne sono molti, stessa tariffa: uan andred leu a capocchia. Tutto sommato ragionevole, sono poco più di 20€ per una visita che comprende due castelli e il rilascio previo pagamento nel centro storico di Braşov. A questo punto non ci resta che scegliere l’autista: quello che somiglia a Babbo Natale sarà il nostro uomo.
Sono necessari 40 minuti di auto per raggiungere il Castello di Dracula. Quando arriveremo a Bran saremo sguinzagliati e avremo due ore di tempo per la visita. La coda per i biglietti è lunghissima, ma Babbo Natale, si sa, ha mille risorse. Qualche minuto dopo averci salutato si ripresenta con un suo amico elfo, dipendente di Dracula, che ci permette di bypassare tutta la fila. Mafia e corruzione ai massimi livelli: ci sentiamo a casa.
Il maniero è pieno come un uovo; per fortuna Gius si è vestito da tuorlo così non ci perdiamo. Il personaggio del Conte Dracula viene assimilato a quello del principe Vlad III di Valacchia, vissuto nel XV secolo. Il principe viveva nel Castello di Poenari che però è andato distrutto. Iniziamo ad interrogarci sul senso della nostra visita. Un po’ come andare a cercare la casa di Giulietta Capuleti a Sorrento.
Scherzi a parte, l’ambiente è molto suggestivo ed è facile intuire perché abbia ispirato delle storie tanto lugubri. Dopo un tramezzino della tristezza consumato nel giardino del parco, torniamo al taxi per dirigerci a Răşnov; si riparte. Babbo Natale di tanto in tanto accosta nel bel mezzo del nulla e ci invita a scendere per scattare delle foto. In realtà non c’è niente da fotografare ma non intendiamo urtarne la profonda sensibilità romantica, quindi obbediamo senza troppe domande.
A Răşnov ci porta in un parcheggio e indica una biglietteria: iu bai de tichet, iu teic de littel trein end iu go ap. Ci scambiamo degli sguardi perplessi circa la seconda parte delle indicazioni. Di che treno parla? Siamo in mezzo ad una foresta, non c’è nessun binario. Al baracchino compriamo un paio di biglietti a/r per meno di 50 cent di euro. La situazione si fa ancora più preoccupante. Intorno a noi, gruppi sparsi di bambini esagitati. Domandiamo alla cassiera del treno, lei fa cenno con la testa prima di un segnale acustico che ne annuncia l’imminente arrivo. Fra sgrana gli occhi.
Un possente trattore rimorchia due carrelli da cui scendono alcune persone, insieme a loro un ragazzo che ci strappa i biglietti di mano e ci invita a salire, con noi tutte le scuole elementari della Transilvania. Anche il iu go ap di Babbo Natale assume significato ora; il sentiero è ripidissimo ma il trenino non molla. Alla prima fermata il giovanotto fa sentire la voce: “Dino Park”; i ragazzini impazziscono e scendono tutti. La seconda fermata è la nostra, quella degli anziani: siamo al Castello di Răşnov, ai piedi dei Monti Carpazi.
La cittadella fortificata è incredibile e domina dall’alto un panorama vastissimo. Dei recenti lavori di restauro hanno integrato parti mancanti della struttura, tutto sommato riconoscibili. Il complesso risale al XIII secolo ed attualmente ospita al suo interno qualche chiosco e dei negozi di souvenirs. Guardandosi intorno non è difficile immaginare il motivo per cui la Transilvania sia una meta tanto appetibile per escursioni e sport invernali.
Conclusa la visita torniamo a riabbracciare Babbo Natale, che ci aspetta sempre a braccia aperte e con grande amorevolezza. Ora ci accompagna a Braşov. Dopo un parcheggio ai limiti della legalità ci saluta definitivamente. Le sue ultime parole sono state: tolk uit nobodi end go tu de stescion. Ok capo.
Il centro di Braşov è molto curato e piacevole, le cime delle montagne fanno da sfondo e sono coronate da scritte hollywoodiane con i nomi delle città. Facciamo due passi ed una piccola pausa caffè (due ciambelle insalubri e nessun caffè) prima di incamminarci verso la stazione e riprendere il treno per Bucarest.
Sul vagone ci siedono accanto due palermitani. Anche loro hanno visitato il Castello di Bran dopo aver fatto due ore di fila (sciocchi…). I paesaggi al tramonto del ritorno sono più belli che all’andata, e mentre Fra contempla il panorama, Gius ottimizza.
Al prossimo lunedì,
I vostri WOM!