Dopo essere stati a Bologna per visitare FICO, avevamo voglia di tornare in Emilia: una regione splendida. Perdersi tra i vicoli delle sue città e confrontarsi con la solarità dei suoi abitanti è una gran bella esperienza. Poi i tortellini non erano stati abbastanza, quindi…
Quando organizziamo un viaggio controlliamo sempre le previsioni meteo. Se l’app di Gius dice che ci saranno siccità e cavallette, lo smartphone di Fra prevede inondazioni da piogge monsoniche. La cosa certa è che non sono mai d’accordo, normalmente a favore delle inondazioni. Quindi che fare? Ci portiamo un po’ di tutto e chi s’è visto s’è visto. Per Gius un po’ di tutto significa tutto e un po’, tanto che una volta l’autista del taxi ci ha chiesto se stessimo trasportando un cadavere nel bagaglio.
Per la nostra fuga dalla città all’insegna dei grassi saturi e dei monsoni abbiamo scelto Reggio Emilia, rivelatasi una piacevolissima sorpresa. Dato il maltempo abbiamo scartato il viaggio da Milano in mongolfiera ripiegando su di un banalissimo treno. La Stazione dell’AV Mediopadana, invece è tutt’altro che banale: un vero gioiello d’architettura contemporanea. Progettata dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava ed attivata nel 2013 lascia a bocca aperta. Una sequenza di portali in acciaio, dal forte potere evocativo: futuro, movimento e velocità. Il treno arriva a Reggio Emilia in prima mattinata, noi, però ammaliati dalla sinuosità delle forme, non usciremo dalla stazione prima di un paio d’ore.
Il centro città si raggiunge comodamente in autobus. Alloggiamo in uno degli alberghi più belli e antichi di Reggio Emilia: l’Hotel La Posta. Perfetto se siete la principessa Sissi, o, più semplicemente, amanti dei dettagli storici e delle colazioni reali. Prendiamo in ostaggio il receptionist per interrogarlo a dovere.
I nostri obiettivi del giorno sono: andare a mangiare, raggiungere le Vele di Calatrava e andare a mangiare di nuovo. Tutto sommato niente di così straordinario, salvo per il fatto che vogliamo visitare un pezzo di autostrada. Questo perché il nostro amico Santiago, non si è limitato a progettare la Stazione AV Mediopadana, ma anche tutta una serie di ponti distribuiti lungo l’Autostrada del Sole.
Naturalmente non saranno le auto a 130km/h a fermare il nostro desiderio di avventura. Dopo esserci assicurati un probabile ultimo pasto degno di memoria in un ristorante del centro, torniamo a prendere l’autobus. A Reggio Emilia funzionano benissimo e gli autisti sono anche gentili. Dopo una ventina di minuti di tragitto arriviamo al capolinea, in zona Fiere. Abbastanza vicini ad una delle tre strutture!
Al limite della legalità riusciamo a scattare qualche foto della prima vela. Emozioni fortissime al pari della prima gita a Gardaland di quando avevi 8 anni. Camminiamo in bilico sulla striscia bianca a margine della strada, con le auto che ti sfrecciano accanto da una parte e la cunetta per l’occultamento dei cadaveri sulla destra.
Gli altri due ponti si intravedono in lontananza, per cui li ammireremo su google maps in 3D e ce li faremo bastare. Prima che lo stesso autobus dell’andata riparta, corriamo a riprenderlo, con grande gioia e sorpresa del conducente che pensava di non rivederci più.
Di nuovo in centro ci aspetta una merenda coi fiocchi da Sambirano, un bellissimo bar a due passi dall’hotel. Per la cena scegliamo una cucina tipica, con affettati, gnocco fritto e vino fino a svenire.
Il giorno seguente, da copione, le piogge monsoniche non si fanno attendere. Quando usciamo dall’hotel ancora non piove; siamo diretti alla Collezione Maramotti, un centro d’arte molto apprezzato in città.
La signorina Google dice che siamo poco distanti e che impiegheremmo circa una ventina di minuti a piedi: ottimista. Dopo mezz’ora non siamo ancora arrivati ed inizia a piovere, forte. Troppo in là per tornare indietro decidiamo di continuare, dotati di un ombrellino autodissolvente, uno di quelli che si sciolgono sotto l’acqua, più simile ad un parafulmine.
L’edificio che ospita la Collezione Maramotti, più volte ampliato, fu progettato nel 1957 dagli architetti Pastorini e Salvarani, secondo una visione radicalmente innovativa per l’epoca, con lo scopo di massimizzare l’utilizzo delle risorse naturali luce e vento. Ospitava originariamente lo stabilimento della casa di moda Max Mara, trasferitasi in una nuova sede alle periferie di Reggio.
I lavori di riadattamento a luogo di esposizione hanno permesso la creazione di un paesaggio post-industriale notevole. Il concept si sviluppa tra gli spazi interni ed il giardino. L’ingresso è segnato dalla presenza di doppie altezze e materiali caldi che rendono l’ambiente piacevolmente ricercato.
Le opere della collezione permanente rappresentano una parte delle principali tendenze artistiche italiane ed internazionali della seconda metà del XX secolo. Le collezioni temporanee sono dedicate ad artisti emergenti contemporanei.
Dopo la visita Fra sporge un braccio per controllare il livello di cattiveria della pioggia. Forse ha smesso… Meglio affrettarsi allora!
Al prossimo lunedi,
i vostri WOM!