Mani giganti invadono Venezia. Non è la prima volta che l’artista italo-americano Lorenzo Quinn realizza una scultura gigante dal forte impatto visivo. Nel 2017, durante la 57a Biennale d’Arte, dal Canal Grande emerse una coppia di braccia a sostegno del Ca’ Sagredo, storico edificio veneziano. L’opera si intitolava Support e poneva l’accento sul tema del cambiamento climatico. In occasione della 58a edizione della Biennale, la scena si ripropone in un luogo diverso e con maggiore enfasi.
Info pratiche
All’Arsenale Nord, dall’11 maggio al 24 novembre 2019, ben 12 mani giganti si dispongono a formare un ponte simbolico. In effetti, il monumento s’intitola proprio Building Bridges. Quale città migliore di Venezia?
Lorenzo Quinn, artista romano figlio dell’attore hollywoodiano Anthony Queen, ritorna nel capoluogo veneto per esporre l’opera site specific dal titolo Building Bridges. La scultura delle mani giganti si pone in continuità semantica e visiva con la 58a Biennale d’Arte, pur non facendone parte. Si tratta di un lavoro autonomo che suscita l’interesse di chi si trova a Venezia per visitare i padiglioni. Building Bridges è infatti accessibile senza biglietto, raggiungendo la sponda nord dell’Arsenale tramite un battello gratuito in partenza dal Giardino delle Vergini.
Il significato dell’opera
Una sequenza di sei coppie di braccia congiunge due argini. Dodici mani enormi si cercano, sfiorano, toccano e intrecciano, evocando valori universali e senza tempo: amicizia, saggezza, aiuto, fede, speranza e amore. Ogni braccio è diverso dall’altro e suggerisce una precisa caratteristica dell’uomo. Una suggestiva scenografia alta 15 metri e larga 20 per invitarci a riflettere e superare le divisioni che inquinano i rapporti umani. Meglio costruire ponti piuttosto che ergere muri e barriere.
L’installazione ha avuto, proprio come due anni prima, un impatto mediatico fortissimo. Percorrere la sequenza di archi senza estrarre lo smartphone è impossibile. Il cielo blu delle giornate estive è in forte contrasto con le superfici bianche delle mani, che risplendono sotto la luce del sole. Il rischio di limitarsi a scattare una foto, o peggio ancora, sottomettere l’arte all’estetica di Instagram è molto alto. Che non sia il frutto di un strategia? Curare l’immagine dell’opera per garantirne la più ampia diffusione e trasmettere anche a chi la osserva attraverso lo schermo, i valori che essa rappresenta.
A voi l’interpretazione…
Al prossimo lunedì,
i vostri WOM.
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