Per noi di WOM visitare una nuova città significa immergersi nelle abitudini locali. Una mattina, a Madrid, ci siamo alzati presto e siamo usciti dall’hotel intorno alle 9. La città era ancora chiusa e per strada c’eravamo solo noi. Il giorno seguente, per non commettere lo stesso errore, non ci siamo fatti vedere prima di mezzogiorno.
Decidiamo di fare colazione da Cereal Hunters. A Madrid ce ne sono diversi; uno di questi è vicino al nostro hotel, nel quartiere Chueca. Funziona così: si sceglie il formato della ciotola, poi il latte, la qualità di cereali da immergere ed infine un’ulteriore guarnitura. Fra domanda quale sia la differenza tra il latte rosa e quello giallo. L’impiegato risponde che non c’è nessuna differenza, ma che sono entrambi perfetti per le foto di Instagram. Realizziamo all’istante di aver trovato il nostro nuovo stagista.
Dopo aver esaudito le nostre fantasie da colazione più inconfessabili, decidiamo di migrare verso il Paseo del Prado. Poco lontano dai grandi Musei del Prado, Thyssen e Reina Sofia, si trova il CaixaForum, un incredibile centro di arte moderna, architettura e design. L’edificio è diventato uno dei nuovi simboli di Madrid, recentemente ristrutturato dal celeberrimo studio di architettura Herzog & De Meuron.
Esternamente la struttura sembra levitare. Accanto al blocco principale una gigantesca parete vegetale; cose che succedono trascurando la muffa sui muri per troppo tempo. Avvicinandosi all’ingresso sembra di trovarsi in un’altra dimensione: l’acciaio riveste ogni superficie ricreando una realtà futuristica. Una rampa di scale ci conduce al primo piano. Dopo un appostamento di 40 minuti riusciamo a scattare una foto senza passanti.
Alla biglietteria acquistiamo due ingressi, a 4€ cadauno. Il ragazzo alla cassa vuole esercitare il suo italiano. Ci fornisce indicazioni di ogni tipo, tranne quella più importante, e cioè di lasciare gli zaini al guardaroba. Infatti dopo aver raggiunto il secondo piano per accedere alla mostra siamo costretti a tornare giù.
Chiudiamo l’armadietto a fatica e riprendiamo le scale: questa volta forse ce la facciamo. L’allestimento riguarda un maestro italiano dell’arte metafisica: Giorgio De Chirico, in una rassegna delle diverse fasi creative della sua opera. L’esposizione è breve ed intensa: impossibile non restarne affascinati.
Proseguendo nella visita dell’edificio continuiamo a salire. Anche le scale interne lasciano a bocca aperta. Sgomitiamo con i fotografi in circolazione per accaparrarci la prospettiva migliore ma è tutto inutile. Le testoline dei visitatori sbucano ad ogni quota della tromba delle scale.
All’ultimo piano un elegantissimo bar/ristorante e dei servizi igienici verde fluo; impossibile resistere ad un selfie.
Ci impediscono di salire sul tetto dell’edificio, quindi torniamo al primo piano (questa volta in ascensore). Recuperiamo i nostri bagagli e prendiamo l’uscita. All’esterno vogliamo una foto ricordo. Studiamo i passanti per una decina di minuti, fino ad intercettare un ragazzo che sembri mediamente capace di impugnare una macchina fotografica. Prima di affidargli la reflex, Gius impartisce un corso accelerato di fotografia in spagnolo. Sul finire dell’ultima lezione scopriamo che il ragazzo è italiano.
Non resta che metterci in posa: 3,2,1… cheese!
Al prossimo lunedì,
i vostri WOM!