Milano è famosa in tutto il mondo per essere una capitale della moda. Geni del settore trovano in città il proprio quartier generale ed espongono gli originali capi durante le celeberrime fashion week. Abiti ed accessori che non indosseremmo neanche di martedì grasso, ma non è questo il punto.
Questi personaggi, chiaramente visionari, comprendono perfettamente il ruolo fondamentale che la cultura ha nello sviluppo di una società sensibile e consapevole. Per questo motivo alcuni di loro investono nella realizzazione di progetti per la diffusione dell’arte nelle più svariate forme. Dei luoghi che possano costituire il perfetto punto di fusione tra architettura, pittura, design e cose buone da mangiare…
La Fondazione Prada è un esempio importantissimo. Vivendo a Milano, abbiamo la fortuna di poterci arrivare senza troppi sforzi e pianificazioni cervellotiche. Tanto che in una tarda e grigia mattinata, in Stazione Garibaldi, saliamo sul primo passante ferroviario che ci capita a tiro. In effetti, dopo un paio di fermate, realizziamo che siamo sul mezzo sbagliato e torniamo indietro.
Si arriva alla Fondazione in Metro Gialla, fermata Lodi. Siamo fuori dal centro, in un’area un tempo occupata dalla distilleria Società Italiana Spiriti (chiaramente stiamo parlando di fantasmi). Varchiamo i cancelli del complesso architettonico e subito a sinistra il primo cortile. Di fronte al bar Luce, la biglietteria si trova al piano terra del sobrio edificio dorato.
Intendiamo visitare le mostre temporanee e la permanente. Gius prova a spacciarsi per uno studente di architettura (in fondo essere uno studente è uno stato d’animo), ma cade miseramente alla richiesta del tesserino. Acquistiamo due biglietti a prezzo intero quindi: 20€ .
Ci indirizzano verso il guardaroba dove depositiamo gli zaini. Decidiamo di mantenere i cappotti onde evitare un rara forma di broncopolmonite nel passaggio da un padiglione all’altro. Il complesso architettonico in effetti è costituito da una serie di strutture indipendenti. Ognuna ospita una mostra o un artista differente. Non esiste un vero e proprio percorso preferenziale quindi ci lasciamo guidare dal sentimento, rimbalzando da un edificio all’altro. Esternamente gli alberi spogli hanno un aspetto tetro e scheletrico. Il set è perfetto per un labirintico e distensivo episodio di Black Mirror.
Nel tentativo di orientarci raccogliamo un po’ di opuscoli a destra e a manca. Nella peggiore delle ipotesi le trasformeremo in complementi di arredo per il soggiorno. Accediamo alla cruda temporanea di Leon Golub. I temi trattati sono molto crudi e violenti. Le rimanenti esposizioni si rivelano essere un grande punto interrogativo. Ci consola vedere i custodi più smarriti di noi. Alcuni hanno lo sguardo perso verso l’esterno, altri fanno un check delle doppie punte.
Che cosa è diventata l’arte? Che senso ha la nostra esistenza? Perché non si può dimagrire mangiando la pizza? Tutti temi molto sensibili … Sul volgere al termine della nostra visita ci accorgiamo che c’è Mika tra gli sparuti visitatori. Anche lui deve averci riconosciuto, ma tutti vogliamo restare umili e fingiamo indifferenza.
Sono le 16 quando abbandoniamo la Fondazione; non abbiamo ancora pranzato. Quando siamo sufficientemente lontani dal labirinto del fauno, Fra attiva i comandi vocali dello smartphone, schiarisce la voce, si avvicina al microfono e pronuncia con tono perentorio “cerca panino con la porchetta nei dintorni”.
Al prossimo lunedì,
I vostri WOM!
ps: ringraziamo DS Visuals per aver realizzato i nostri ritratti.
One comment
[…] ti è piaciuto questo articolo, leggi anche quello sulla Fondazione Prada, sull’Osservatorio o sul Bar […]